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domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco (1932 - 2016)

Elogio di Franti, Fenomenologia di MikeNonita... 
Eco fu anche uno dei massimi umoristi italiani. Gli sia lieve il cordoglio ipocrita.
Lia Celi



Muere un Grande
Rayma Suprani Venezuela








Ecco, Eco è etimologico echeggio. Effuse, eternò, estese…

di Nadia Redoglia

Un tautogramma (Umberto Eco ne fu autore) per rendere omaggio al semiologo, filosofo e scrittore

Educatore empatico, esperto experior, egloga estemporanea, eloquente Ermes, emozionante epitome, eppure esauriente ed esaustiva, (epperò) eliaco estravagante Etabeta, elargì ed espanse eclettici empirei. Erudì epigoni eredi. Entusiasmò enciclopedisti. Estrapolò ed escogitò enigmi. Elevò ed esortò Es, Etica ed Estetica. Espresse eleganti eterodossi esistenziali. Esultò eufonici evviva eureka ehi.

Editò, energico, efficaci epistole eclissando empi editti, ebeti enunciazioni, esegeti esibizionisti, emissari effimeri, edonisti enfatizzati, eletti eroismi evanescenti, erratiche epifanie, egocentrici esiziali: eterno elenco… (esclamativo)

Eco episodio? Eco epopea…





UMBERTO ECO - Nascimento: 5 de janeiro de 1932, Alexandria, Itália
Falecimento: 19 de fevereiro de 2016
JBosco Azevedo Brasile



Eco 
Tomas Serrano Spagna



Dormi bene Umberto
Carrera Arcangelo  Italia



Yesterday Harper Lee and my mother in law, today Umberto Eco... R.i.P all
http://www.bbc.com/news/world-europe-35620368?SThisFB
Firuz Kutal Turchia


Adiós a Umberto Eco 
BY ANGEL BOLIGAN, Cuba
EL UNIVERSAL, MEXICO CITY,


Chinson... ad Honorem...
Mario Airaghi Italia




"come non cadere in ginocchio davanti all'altare della certezza"
(Umberto Eco) .....alla mia maniera..
Perazzolli Italia



"I deboli sono carne da macello da usare quando servono a mettere in crisi il potere avverso e da sacrificare quando non servono più."
Umberto Eco
Paolo Lombardi Italia


Il cartoon per Eco
Makkox Italia


“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.
(Umberto Eco)
Riverso Italia


http://www.noha.it/public/ECO1997.jpg




  Nonita
 di Umberto Eco
[ Il presente manoscritto ci è stato consegnato dal guardiano capo delle carceri di un paesino del Piemonte. Le notizie incerte che l’uomo ci diede sul misterioso prigioniero che lo abbandonò in una cella, la nebbia di cui è avvolta la sorte dello scrittore, una certa complessiva, inspiegabile reticenza di coloro che conobbero l’individuo che vergò queste pagine, ci inducono ad accontentarci di ciò che sappiamo come ci appaghiamo di quel che del manoscritto rimane – il resto roso dai topi – e in base al quale pensiamo che il lettore possa farsi un’idea della straordinaria vicenda di questo Umberto Umberto (ma non fu forse, il misterioso prigioniero, Vladimiro Nabokov paradossalmente profugo per le Langhe, e non mostra forse questo manoscritto l’antivolto del proteico immoralista?) e possa infine trarre da queste pagine quella che ne è la lezione nascosta – sotto la spoglia del libertinaggio una lezione di superiore moralità.]
Nonita. Fiore della mia adolescenza, angoscia delle mie notti. Potrò mai rivederti. Nonita. Nonita. Nonita. Tre sillabe, come una negazione fatta di dolcezza: No. Ni. Ta. Nonita che io possa ricordarti sinché la tua immagine non sarà tenebra e il tuo luogo sepolcro.
Mi chiamo Umberto Umberto. Quando accadde il fatto soccombevo arditamente al trionfo dell’adolescenza. A detta di chi mi conobbe, non di chi mi vede ora, lettore, smagrito in questa cella, coi primi segni di una barba profetica che mi indurisce le gote, a detta di chi mi conobbe allora ero un efebo valente, con quell’ombra di malinconia che penso di dovere ai cromosomi meridionali di un ascendente calabro. Le giovinette mi concupivano con tutta la violenza del loro utero in fiore, facendo di me la tellurica angoscia delle loro notti. Delle fanciulle che conobbi poco ricordo, perché ero preda atroce di ben altra passione e i miei occhi sfioravano appena le loro gote dorate in controluce di una serica e trasparente peluria.
Amavo, amico lettore, e con la follia dei miei anni solerti, amavo coloro che tu chiameresti con svagato torpore “le vecchie”. Desideravo dal più profondo intrico delle mie imberbi fibre quelle creature già segnate dai rigori di una età implacabile, piegate dal ritmo fatale degli ottant’anni, mimate atrocemente dal fantasma desiderabile della senescenza. Per designare costoro, sconosciute ai più, dimenticate dalla indifferenza lubrica degli abituali usagers di friulane sode e venticinquenni, adoprerò, lettore, oppresso anche in questo dai rigurgiti di un’impetuosa sapienza che mi atterrisce ogni gesto di innocenza che mai tenti – un termine che non dispero esatto: parchette.
Che dire, voi mi giudicate (toi, hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère!) della mattutina cacciagione che si offre nel padule di questo nostro mondo sotterraneo al callidissimo amatore di parchette! Voi che correte per i giardini pomeridiani alla caccia banale di giovinette appena tumescenti, cosa sapete della caccia sommessa, umbratile, ghignante che l’amatore di parchette può condurre sulle panchine di vecchi giardini, nell’ombra odorosa delle basiliche, pei sentieri ghiaiosi dei cimiteri suburbani, nell’ora domenicale all’angolo degli ospizi, sulle porte degli asili notturni, nei filari salmodianti delle processioni patronali, alle pesche di beneficenza, in un amoroso ferratissimo ahimè inesorabilmente casto agguato per spiare dappresso quei volti scavati da vulcaniche rughe, quelle occhiaie acquose di cataratta, il vibratile moto delle labbra riarse, depresse nell’avvallamento squisito di una bocca sdentata, solcate talvolta da un rivolo lucente d’estasi salivare, quelle mani trionfanti di noduli, nervose nel tremolio lubrico e provocante dello sgranare una lentissima corona.
Potrò mai parteciparti, amico lettore, il languore disperato di quelle fuggevoli prede degli occhi, il fremito spasmodico di certi contatti labilissimi, un colpo di gomito nella ressa del tram (“Scusi signora, vuole sedersi?” Oh, satanico amico, come osavi raccogliere l’umido sguardo di riconoscenza e il “Grazie, buon giovine”, tu che avresti voluto inscenare lì stesso la tua bacchica commedia del possesso?), lo sfiorare un ginocchio venerando strisciando, col tuo polpaccio, tra due file di sedie nella solitudine pomeridiana di un cinema rionale, lo stringere della tenerezza trattenuta – sporadico momento del più estremo contatto! – il braccio ossuto di una vegliarda che aiutavo ad attraversare il semaforo con aria contrita di giovane esploratore!
Le vicende della mia beffarda età mi inducevano ad altri incontri. Lo dissi, apparivo piuttosto affascinante, con le mie gote brune e un volto tenero di fanciulla oppressa da una morbida virilità. Non ignorai l’amore di adolescenti, ma lo subii, come un pedaggio alle ragioni dell’età. Ricordo che una sera di maggio, poco prima del tramonto, quando nel giardino di una villa gentilizia – era nel varesotto, non lontano dal lago rosso del sole che calava – giacqui nell’ombra di un cespuglio con una sedicenne implume tutta efelidi, presa in un impeto di amorosi sensi veramente sconfortante. E fu in quell’istante, mentre le concedevo svogliatamente l’ambito caduceo della mia pubere taumaturgia, che vidi, lettore, quasi indovinai da una finestra del primo piano, la sagoma di una decrepita nutrice piegata curvamene in due mentre si dipanava lungo la gamba l’ammasso informe di una nera calza di cotone. La vista folgorante di quell’arto ingrossato, segnato di varici, accarezzato dal moto inabile delle vecchie mani intese a srotolare il groppo dell’indumento mi apparve (occhi miei concupiscenti!) come un atroce e invidiabile simbolo fallico blandito da un gesto virginale: e fu in quell’attimo che, preso da un’estasi irrobustita dalla distanza, esplosi rantolando in un’effusione di biologici consensi che la fanciulla (improvvida ranocchietta, quanto ti odiai!) raccolse gemebonda come un tributo ai propri fascini acerbi.
Hai mai dunque compreso, stolido mio strumento di differita passione, che tu fruisti del cibo di un’ altrui mensa, oppure l’ottusa vanità dei tuoi anni incompiuti mi ti si presentò come un focoso indimenticabile peccaminoso complice? Partita con la tua famiglia il giorno appresso mi inviasti dopo una settimana una cartolina firmata “la tua vecchia amica”. Intuisti la verità rivelandomi la tua perspicacia nell’uso accurato di quell’aggettivo, o fu la tua l’argotica bravata di una liceale in guerra con le filologiche creanze epistolari?
Come da allora fissai tremando ogni finestra nella speranza di vederne apparire la silhouette sfasciata di una ottuagenaria al bagno! Quante sere, seminascosto da un albero, consumai le mie solitarie deboscie, lo sguardo volto all’ombra profilata su di una tendina di un’ava soavissimamente intenta a un pasto biascicante! E l’orrida delusione, subitanea e folgoratrice ( tiens, donc, le salaud! ) della figura che si sottrae alla menzogna dell’ombre cinesi e si rivela al davanzale per quel che è, un’ignuda ballerina dai seni turgidi e dalle anche ambrate di cavalla andalusa!
Così per mesi ed anni corsi insaziato alla caccia illusa di adorabili parchette, teso ad una ricerca che, lo so, traeva l’indistruttibile sua origine dal momento ch’io nacqui, ed una vecchia sdentata ostetrica – infruttuosa ricerca del padre mio che a quell’ora di notte non fu capace di trovare altro che costei, un piede sull’orlo della fossa! – mi sottrasse alla prigionia vischiosa del grembo materno e mi mostrò alla luce della vita il suo volto immortale di jeune parque.
Non cerco giustificazioni per voi che mi leggete (à la guerre comme à la guerre), ma voglio almeno spiegarvi quanto fatale fosse stato il concorrere di eventi che mi portò a quella vittoria.
La festa cui ero stato invitato era uno squallido petting party di giovani indossatrici e impuberi universitari. La flessuosa lussuria di quelle giovinette invogliate, il negligente offrirsi dei loro seni da una blusa sbottonata nell’impeto di una figura di danza, mi disgustava. Già penavo di lasciare di corsa quel luogo di banale commercio di inguini ancora intatti, quando un suono acutissimo, quasi stridulo (e potrò mai esprimere la frequenza vertiginosa, il roco digradare delle corde vocali già spossate, l’allure supréme de ce cri centenarie?) un lamento tremulo di femmina vecchissima piombò nel silenzio l’accolta. E nel riquadro della porta vidi lei, il viso della lontana parca dello choc prenatale, segnato dall’entusiasmo spiovente della chioma canutamente lasciva, il corpo rattrappito che segnava di angoli acuti la stoffa dell’abituccio nero e liso, le gambe ormai esili piegate inesorabilmente ad arco, la linea fragile del femore suo vulnerabile profilata sotto il pudore antico della gonna veneranda.
La scipita giovinetta che ci ospitava ostentò un gesto di sopportata cortesia. Alzò gli occhi al cielo e disse: “E’ mia nonna” …
[ A questo punto termina la parte intatta del manoscritto. Da quel che è dato di inferire dalle linee sparse che se ne possono ancora leggere, la vicenda dovrebbe procedere come segue. Umberto Umberto rapisce dopo pochi giorni la nonna della sua ospite e fugge con lei, portandola sulla canna della bicicletta, verso il Piemonte. Dapprima la conduce in un ospizio di poveri ricchi, ove la notte la possiede, apprendendo fra l’altro che la vecchia non è alla sua prima esperienza. Sul far del giorno, mentre sta fumando una sigaretta nella semi-oscurità del giardino, viene avvicinato da un giovinetto dall’aria ambigua che gli chiede se la vecchia sia effettivamente sua nonna. Preoccupato lascia l’ospizio con Nonita ed inizia una vertiginosa peregrinazione per le strade del Piemonte. Visita la fiera dei vini di Canelli, la Festa del Tartufo di Alba, prende parte alla sfilata di Gianduia a Caglianetto, al mercato del bestiame di Nizza Monferrato, all’elezione della Bella Mugnaia di Ivrea, alla corsa nei sacchi per la festa patronale di Condove. Al termine di questo folle peregrinare per l’immensità del paese che lo ospita, si accorge che da tempo la sua bicicletta è sornionamente seguita da un giovane esploratore in lambretta, che elude ogni appostamento. Il giorno in cui, ad Incisa Scapaccino, porta Nonita da un callista e si allontana un istante a comperare le sigarette, quando torna si trova abbandonato dalla vecchia, fuggita col rapitore. Passa alcuni mesi in una profonda disperazione, e finalmente ritrova la vegliarda, reduce da un istituto di bellezza dove è stata condotta dal seduttore. Il suo viso è privo di rughe, i capelli tinti di un biondo rame, la bocca rifiorita. Umberto Umberto è colto da un senso di abissale pietà e queta disperazione alla vista di tanto sfacelo. Senza dir motto acquista una doppietta e va alla ricerca dello sciagurato. Lo trova ad un campeggio mentre sta soffregando due legnetti per accendere il fuoco. Gli spara una, due, tre volte, sempre mancandolo, sinché non viene afferrato da due sacerdoti in basco nero e giacca di cuoio. Prontamente arrestato viene condannato a sei mesi per porto d’armi abusivo e caccia fuori stagione.]

Umberto Eco, Diario minimo, Mondatori, Milano 1975.





Umberto Eco foto di Alberto Cane







http://www.tpi.it/mondo/italia/regole-lingua-italiana-umberto-eco

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video del commento di Eco con Paolo Poli dell'elogio di Franchi
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Il diario minimo 
di Umberto Eco

“[…] il ridente – o il sogghignante – altro non è che il maieuta di una diversa società possibile.” – Elogio di Franti
Raccolta di articoli pubblicata da Eco per la prima volta nel 1963, poi ampliata e, in parte modificata, nel 1975. Etichettati all’inizio come letteratura disimpegnata e come “figli di un Eco minore” gli articoli rappresentano una serie di esercizi di stile, attraverso l’esplorazione di vari generi, con il grande sotteso della scelta parodistica e umoristica. Scendendo nel concreto, ad esempio c’è l’articolo di apertura: Nonita. Nella finzione, trascrizione di un diario, in parte corrotto, abbandonato da un carcerato nella sua cella. Ricostruzione di Lolita, sostituisce alla passione per una giovinetta quella per un’attempata signora di settant’anni, mantenendo la serietà dei sentimenti e delle descrizioni dell’innamorato, fino all’esito tragicomico che lo condurrà in carcere.

Tra gli articoli contenuti anche il celebre saggio sulla “Fenomenologia di Mike Bongiorno“, che ahinoi è oramai diventata, a distanza di soli cinquant’anni, la fenomenologia dell’italiano abbrutito dalla televisione e dal modo di fare del Bongiorno originale e di tutti gli emulatori più o meno inconsapevoli.

Tra i miei articoli preferiti i due sulle avventure antropologiche dei melanesiani. Infine l’inverno nucleare è giunto, i missili americani, lanciati dalle coste dell’adriatico, e quelli russi hanno cancellato ogni forma di vita al di sotto delle calotte polari. Solo i melanesiani, gli eschimesi e pochi altri abitanti delle terre vicine ai poli si sono salvate. A distanza di un migliaio di anni si interrogano sugli usi e i costumi dei loro predecessori cercando tracce delle loro civiltà. Le ricostruzioni assurde prodotte dalla scarsità di documenti, dalla proiezione della cultura sul passato, producono letture che in realtà finiscono per dirci qualcosa su noi stessi e sui nostri tempi. Anche se noi non siamo più negli anni sessanta abbiamo che oggi è solo più probabile che per un evento del genere, mentre tutti gli altri stati europei hanno prodotto delle criptobiblioteche con il loro sapere, noi ce ne siamo dimenticati o ne siamo stati impossibilitati per mancanza di fondi alla nostra biblioteca nazionale, due ipotesi al dibattito degli studiosi post-apocalittici, insieme a quella della nostra non esistenza nonostante le altre fonti ci citino, ovviamente non quelle francesi, ça va sans dire.

La lettura di questi articoli, con una nota di particolare attenzione per l’Elogio di Franti, è veramente divertente e apre, attraverso il riso, all’osservazione di un’epoca dalla quale, accettate le contraddizioni a tal punto da trovarne il lato umoristico, si può finalmente andare oltre. (fonte)


Intelletuali moderni
Gianluca Foglia-  Fogliazza Italia
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Sentite condoglianze alla famiglia.

sabato 8 novembre 2014

Signorini, CHI?

La notizia
Scoop di Chi il settimanale di Signorini:
"Marianna Madia
Ci sa fare col gelato"


di  PORTOS / Franco Portinari

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S’ignorin i Signorini 
 di Nadia Redoglia
A parte la morbosità di un cagnolino che sbavando fissa il cono gelato in mano al padrone (sperando che gli cada sì da lapparselo in un boccone) oppure di un feticista guardone o di un bambino cicciotello in adorazione, proprio non ci veniva in mente a chi altri poteva interessare la degustazione del piacevole dessert. Ieri l’abbiamo imparato. Interessa al giornalista che nell’esercizio della sua professione non solo pubblica le fotografie, ma ci aggiunge anche un suo commento: didascalia che già in una classe elementare (quindi neppure in una seconda media di ripetenti) farebbe divertire nessuno, anzi sarebbe accolto da sguardi di compatimento. Stante i corsi d’aggiornamento obbligatori per i giornalisti, sarebbe interessante conoscere a quali eventi/lectio magistralis/laboratori ecc. s’è iscritto quello lì, guardone di signore che mangiano il cono: etica ed estetica del mastro pasticcere/deontologia di crema e cioccolato/carta dei diritti ricoperti/diritto all’oblio della stracciatella o molto più semplicemente ha capito niente del corso di linguistica? Va a sapere. Confidiamo che l’Ordine chiarisca quanto prima se non altro per levare quello sguardo spaventato e incredulo dalla faccia dei giovani giornalisti ancor pieni di buona volontà e speranza. 6 novembre 2014
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Dolce un po' salato
di Gava
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Signore e Signorini
Massimo Gramellini
«Chi», la Pravda berlusconiana a fumetti, pubblica quattro foto rubate in macchina al ministro Marianna Madia mentre lecca un cono, corredandole di allusioni da quinta elementare (sezione ripetenti) che Pierino si sarebbe vergognato di copiare. L’impressione è di uno schizzo di fango fuori tempo massimo che rilascia soltanto un senso di sconfinata tristezza. Come il clown che arriva in scena quando il circo ha già smontato le tende. Come la mano del morto nei film dell’orrore che riaffiora per l’ultima volta prima di irrigidirsi per sempre. Ma dai, ancora lì a fare battute da baùscia sfigati come negli anni della Milano da bere e dell’Italia da infinocchiare? Quale mondo si ostina a rappresentare il fermo immagine della presunta fellatio al pistacchio della Madia, se oramai persino l’utilizzatore finale galleggia arreso tra carezze ai cagnolini e visite ai pensionati?
E’ tutto così stantio che anche la difesa del direttore Signorini assomiglia a un riflesso condizionato: perché non suscitarono altrettanto sdegno le immagini di Francesca Pascale, non ancora assurta agli altari di Arcore, eternata nell’atto di succhiare un calippo a Telecafone? Ma perché lei armeggiava con il ghiacciolo a favore di telecamera, riferendosi volutamente a quella roba lì. Invece la Madia lecca un cono da due gusti senza alcuna volontà di lanciare messaggi alla nazione. Signorini si rassegni. La ricreazione è finita e ci tocca rientrare nelle classi diroccate e allagate: a studiare qualche modo per venirne fuori.



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a leggere certe cose mi viene la pelle d'uomo
di Fabio Magnasciutti



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  «Ci sa fare col gelato» 
C'è chi ha affermato che il titolo si presta a un doppio senso. No. Di senso ne ha uno solo ed è quello che a tutti voi, maschi e femmine, è venuto in mente. E quindi la bagarre sulla rete si è scatenata. Non mi farò la domanda oziosa sulla deontologia professionale di quel bel tomo di Alfonso Signorini, direttore di questo raffinato giornale della famiglia Berlusconi, e non mi farò nemmeno la domanda altrettanto oziosa cosa ci sta a fare l'ordine dei giornalisti. Tanto per dire, qualche settimana fa, alla chetichella, questo ordine ha riammesso tra le sue fila Renato Farina che era stato radiato perché al soldo dei servizi segreti col nome in codice «betulla». Facciamocene una ragione, se possibile. Sono tempi di sfacciate canaglie questi.
  Alberto Cane




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Interviene l'Ordine dei Giornalisti.
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Il Consiglio di disciplina territoriale dell'Odg della Lombardia ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di Alfonso Signorini, direttore del settimanale "Chi" in relazione alle foto, pubblicate in copertina sul numero in edicola oggi, del ministro Marianna Madia sotto il titolo "ci sa fare col gelato". Lo ha comunicato il presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia, Gabriele Dossena. Il procedimento è stato aperto per "palese violazione delle norme deontologiche sulla privacy e per fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale". Il consiglio Regionale dell'Ordine discuterà del caso per le proprie determinazioni nella prossima seduta.

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di Tiziano Riverso

domenica 21 febbraio 2010

Milano Via Padova disordini e razzismo

«Tutt el mond a l'è paes, a semm d'accòrd, ma Milan, l'è on gran Milan.» Gioann D'Anzi) PORTOS Comic strip Milano, ucciso un ragazzo egiziano In periferia scoppia la guerra etnica (Qui la notizia) Ognuno stia al proprio posto! Pubblicato da ZARATHUSTRA INSERTO SATIRICO PORTOS Comic strip PADOVA STREET di Bandanax L'Asino Razzismo PV Una Vignetta di PV PROBABILE RESPONSABILE Un'ammissione di responsabilità per il fatto di non avere una politica sull'integrazione immagino sia chiedere troppo, ma almeno prendere atto del fatto che l'intolleranza non è la risposta, questo mi sembra doveroso. Fifo http://www.votafifo.blogspot.com/
Non dormirete più la notte. La scuola
Mauro Biani Disordini a Milano, LA RISPOSTA DI cALDEROLI. INSERTO SATIRICO Rastrellamento: casa x casa (casa al quadrato). La dittatura è fatta anche di frasi altisonanti ... paroloni enormi, che esprimono cazzate ancor più grandi. "Spezzeremo le reni al nemico" ne è uno storico esempio, fino ad arrivare alle boiate dei giorni nostri ... quelle del rastrellamento casa per casa per scovare gli extracomunitari. In effetti, una bella rastrellata ci vorrebbe !!! Roberto Mangosi Milàn l'è un gran Milàn Pubblicato da max INSERTO SATIRICO ---------------------------------------------- *alberto cane blog- Pagherete caro, pagherete tutto *Articolo 21 - Press a poco Sono ancora gli italiani ad attendere l’integrazione Nadia Redoglia *Editoriale - Milano come Rosarno. La guerra che stiamo perdendo Pino Agnetti

sabato 12 dicembre 2009

Piazza Fontana ... un buco nella storia d'Italia.

* Quaranta anni e zero colpevoli. Diciassette morti, ottantotto feriti, sette processi e zero colpevoli. I numeri della strage di piazza Fontana sono sempre quelli. Cristallizzati nel tempo e nella memoria. Scolpiti nel marmo delle lapidi, nelle cerimonie di chi non vuol dimenticare. Erano le 16 e 37 di venerdì 12 dicembre 1969 quando Milano scoprì il terrorismo delle stragi. Sette chili e passa di esplosivo militare ad alto potenziale, esplosero al piano terra della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, affollata di commercianti e contadini per le ultime contrattazioni della settimana. Fu una strage. [...] PIAZZA FONTANA A 40 anni dalla strage che ha dato origine alla triste serie delle stragi e dei segreti di Stato sembra ancora lontano il momento della verità. Pubblicato da uber Etichette: segreti di Stato, uber 2001+8+? Pubblicato da Pulci INSERTO SATIRICO https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw4Tr2J-4JBk6PT2knK_hv6xkCPGH_XktTCoczfE78513PsplUxpx6IrCNPU8XbAGNchspIuM5iOpEH7lcWhVISqXef6A0g40TgPVCla1ohXVdAS5-JLsc8JwDnkFlID5tZzqM3ouHT5w/s320/Italia+12+Dicembre-717583.jpg Italia 12 Dicembre Pubblicato da paolo lombardi INSERTO SATIRICO 12 DICEMBRE Dalla strage di piazza Fontana quarant'anni di storia italiana di speranza, di disperazione di strateghi dell'alta tensione. C'è chi dice che è stata la Cia chi infiltrati nella polizia, c'è chi accusa di strage i servizi per le bombe sui treni e ai comizi. Ma dov'è la giustizia, se esiste se le stragi di stato e fasciste sono stragi rimaste impunite, sono sangue rappreso e ferite? E l'Italia sa di marcio e di fogna se dimentica Brescia e Bologna, se si scorda ogni morto innocente è un paese costruito su niente. Pubblicato da stefanopz + laralidia INSERTO SATIRICO Etichette: SCRITTI SATIRICI commemorazioni Pubblicato da Karma e Maia INSERTO SATIRICO Ricordando piazza Fontana. Pubblicato da tomas INSERTO SATIRICO Piazza Fontana quarant'anni dopo.... Pubblicato da paride INSERTO SATIRICO Blob Pubblicato da Mauro Patorno INSERTO SATIRICO QS 69: Piazza Fontana di MAURO BIANI *: la vignetta di Laurenzi è tratta da http://iltratto.splinder.com/ ********************************************* PS: segnalo il post di Alberto ( alberto cane blog) con tante foto : Strage di piazza Fontana ----------------------------------------------------------